Ai fini della sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia, non vi è la necessità che l’individuo agente avesse il fine di annichilire e svilire la persona offesa, essendo sufficiente che lo stesso abbia la consapevolezza delle condotte da lui tenute e che queste siano tali da integrare, con la continuità che un reato abituale postula, una condotta maltrattante; parimenti per ciò che attiene alla ipotesi della violenza sessuale, ove le condotte integranti atto sessuale siano poste consapevolmente in essere in assenza della espressione, tacita o espressa, del benestare del soggetto nei cui confronti esse sono realizzate o fatte realizzare, si deve intendere integrato l’atto sessuale, quale che sia stata la finalità che l’agente perseguiva.